[vc_row][vc_column][vc_column_text]Torneremo ad abbracciarci… e sarà bellissimo. Con questo post desideriamo dar voce ai nostri “operatori in trincea”: abbiamo scelto tre brevi testimonianze di Operatori che in questi giorni di emergenza stanno lavorando nelle nostre Comunità, con le solite passione e professionalità, nonostante la fatica. Perché il lavoro, diventa qualcosa in più del lavoro. Una vera e propria missione.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][boc_heading]I sorrisi si vedono anche dietro ad una mascherina[/boc_heading][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]“Siamo in tanti, in mezzo ai tanti che lavorano. Siamo, fortunati, possiamo continuare a fare il lavoro che amiamo, non “al fronte” come medici e infermieri, ma nelle retrovie, nelle comunità protette per tossicodipendenti.
I nostri ospiti sono sicuramente sani – non uscivano nemmeno prima del Covid19 – siamo noi operatori che potremmo portarlo in comunità, motivo per cui abbiamo sempre le mascherine, ci laviamo continuamente le mani, disinfettiamo le cornette dei telefoni, le tastiere dei PC, i mouse, creiamo una relazione a 1 metro di distanza.
Vi dirò, da qualche settimana guardo Grey’s Anatomy con un occhio diverso, chiedendomi com’è che LORO sono così a loro agio e fotogenici dietro quella mascherina. Ma torniamo a noi…
In comunità abbiamo installato Skype, perché i nostri ospiti non uscivano, ma ricevevano le visite dei figli e dei genitori, ma da un mese siamo stati costretti a sospenderle. Ci aspettavamo delle proteste, degli abbandoni anche. E invece no. Sono riusciti a non farsi travolgere dalla preoccupazione e dall’angoscia, si sono lasciati aiutare e contenere, da 1 metro di distanza.
Sapete, vivere in comunità è come stare in una bolla: tutto è amplificato, il “fuori” arriva filtrato, come se fosse lontano anni luce. Un po’ quello che stiamo provando ora tutti noi, ognuno dalla sua casa.
Ecco, se c’è qualcosa che mi sta insegnando il Coronavirus è questo: come ci si sente a stare in una bolla, come si vede il mondo da un “dentro” che comunica col “fuori” solo attraverso telefonate, email e telegiornali.
Ma mi sta insegnando anche tanto altro:
Che in un metro di distanza si possono fare un sacco di cose;
Che i sorrisi si vedono anche dietro una mascherina;
Che fare un lavoro che si ama è una gran fortuna;
E che tutti, ma proprio tutti, spesso siamo impreparati alla vita, ma lei per fortuna non lo sa e va avanti, spronandoci a rimetterci in pari e andare avanti ad 1 metro di distanza, ma tutti insieme” Laura
[/vc_column_text][boc_heading]E ora chi sono i matti? Trova le differenze[/boc_heading][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]“In questo momento drammatico ci sono tante persone che lavorano, ben consapevoli di tutto, ma necessarie, “obbligate” da un bene morale ed etico per la cura dell’altro. Non cerco 2 minuti di celebrità, voglio solo farvi conoscere una realtà sociale. Sono un’educatrice professionale in una comunità psichiatrica, con presenza di operatori 7 giorni su 7 h 24. Sono giorni difficili anche x noi, siamo umani e come tali viviamo tutte le emozioni che questa situazione genera.
I miei “ragazzi” subiscono già un male subdolo che non si vede, che li stigmatizza a livello sociale. Parte del mio lavoro ha come obiettivo il reinserimento sociale….sapete cosa vuol dire? Vuol dire poter passeggiare x strada senza essere guardati strani, vuol dire poter essere degni di vivere, vuol dire che li puoi tenere x mano e li puoi abbracciare e non ti contagiano. Forse ora in tanti vivono quello che loro vivono quotidianamente….persone che si allontanano e tengono le distanze per paura di essere infettati! Parte del mio lavoro è farli uscire ed ora si annulla tutto. Loro sono bravissimi, ovviamente qualche difficoltà c’è stata e ci sarà…soffrono a non poter uscire, certo noi li aiutiamo ma hanno capito e si sono adeguati. Loro stanno a “casa”. Certo….chi vive in un’istituzione, dove ovviamente ci sono delle regole di convivenza – e un certo controllo – forse è più abituato a stare alle regole.
Sapete cosa mi fa male? Dovergli dire che non possono avvicinarsi, che non possono toccarmi, mi fa male nascondere un sorriso dietro ad una mascherina. Mi fa male pensare che se mai dovesse entrare il virus in comunità, io, potrei essere stata io! Mentre io voglio solo proteggerli, perché loro hanno già il loro “virus invisibile”.
Forse questo è uno sfogo personale alla fine di una giornata impegnativa, ma troppo spesso i miei ragazzi sono dimenticati, dimenticati dalle famiglie, dalla società, dalla politica che taglia sulla sanità e anche su di loro. Allora io oggi vorrei che siano visti, con le loro difficoltà, le loro fragilità ma soprattutto con il loro coraggio, con la loro intelligenza e il loro impegno! Nessuno parla di loro…nessuno parla di noi, perché credetemi, forse mai come ora ci si può immedesimare…paura e ansia da contagio, depressione da isolamento e mancanza di affetto, incertezza sul futuro, comportamenti antisociali e opposizione….e ora? chi sono i matti? Trova le differenze…se hai il coraggio” Martina
[/vc_column_text][boc_heading]Siamo esseri speciali[/boc_heading][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text] “…succede che durante un flashmob in giardino (perché noi ancora li facciamo) uno dei nostri fantastici ragazzi ci dedica le parole de LA CURA….cioè LORO a NOI…per tutto quello che stiamo facendo, perché veniamo a lavorare con la paura, la consapevolezza che non possiamo farci nulla, che sì, andrà tutto bene…ma quanto manca? Anche io oggi voglio dedicare una, cento, mille canzoni ai miei colleghi… perché …siamo …ESSERI SPECIALI…” Antonella[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]