È passato un anno, un anno difficile, in cui tante cose sono cambiate.
Condividiamo volentieri la testimonianza di una delle nostre operatrici.
Grazie Laura per le tue parole
#quandolaFragilitàdiventaForza
Condividiamo volentieri la testimonianza di una delle nostre operatrici.
Grazie Laura per le tue parole
#quandolaFragilitàdiventaForza
“Era l’11.03.20 in questa foto. Da una settimana erano apparse le mascherine da indossare sempre in comunità. Il primo giorno ho pensato che sarei morta perché non riuscivo a respirare. Avevamo tutti le mani spaccate per l’igienizzante. Pulisci, igienizza le mani, usa il PC, igienizza di nuovo, rispondi al telefono, igienizza la cornetta.
Stavamo preparando i canti per Pasqua, credo che nessuno di noi avesse mai cantato con la mascherina. In fondo, lo sapevamo che la messa di Pasqua non ci sarebbe stata, ma provavamo lo stesso i canti con gli Ospiti, non so se per non arrenderci all’evidenza o per provare a lasciare loro una “normalità” che noi fuori dalla comunità non vedevamo già più.
Stavamo preparando i canti per Pasqua, credo che nessuno di noi avesse mai cantato con la mascherina. In fondo, lo sapevamo che la messa di Pasqua non ci sarebbe stata, ma provavamo lo stesso i canti con gli Ospiti, non so se per non arrenderci all’evidenza o per provare a lasciare loro una “normalità” che noi fuori dalla comunità non vedevamo già più.
Mi ricordo il giorno in cui sono arrivata per il turno di pomeriggio e ho trovato tutti i miei colleghi che sbuffavano sotto le mascherine, non credo lo dimenticherò mai.
Mi ricordo gli ospiti. Finché lo vedevano al tg era una cosa lontana, ma quando noi abbiamo messo le mascherine é stato vero. Più di un ospite é andato nel panico. Abbiamo passato la giornata a convincere delle persone a non andare via, perché lì dentro erano protetti ma fuori era pericoloso, c’era il lockdown (quello vero) e non si poteva andare in giro.
Poi abbiamo smesso di cantare le canzoni per la messa di Pasqua, ma abbiamo continuato a cantare. Abbiamo cantato l’inno di Italia insieme a tutte le radio, quel venerdì mattina.
Abbiamo cantato il nabuccodonosor (male, malissimo…), che qualcuno aveva proposto.
Improvvisamente chi era in comunità non era più uno sfigato incapace di stare nel mondo, improvvisamente chi viveva in comunità era fortunato, perché aveva una socialità che il lockdown aveva tolto a tutto il resto del mondo.
Sono stati tre mesi duri quelli di marzo, aprile e maggio. Stop alle visite, stop alle uscite, stop agli ingressi, stop ai volontari e ai tirocinanti, stop ai pacchi da casa, così, all’improvviso.
Stop ai fornitori non essenziali.
Il giorno che la macchinetta del caffè ha fatto il suo ultimo, triste, caffè solitario ed è rimasto solo il the é stato un momento surreale. Dopo un anno, la macchinetta del caffè è ancora spenta.
Ma abbiamo trovato altri momenti e altri modi per la nostra socialità.
In questo anno abbiamo trovato altri modi per tutto.
E alcuni di questi credo rimarranno, come una grande ricchezza, anche quando (non SE, ma QUANDO) sarà tutto finito”. Laura
“I GRANDI CAMBIAMENTI AVVENGONO SEMPRE NELLA SOFFERENZA E NELL’ACCETTAZIONE:
SOFFERENZA DI CHI NON VUOLE CAMBIARE, ACCETTAZIONE DI CHI VUOLE CRESCERE.
SE QUALCOSA VIENE A MANCARE CREA LO SPAZIO NECESSARIO PER QUALCOSA CHE DEVE ARRIVARE: E’ SEMPLICE EQUILIBRIO.” (Il monaco che amava i gatti)
SOFFERENZA DI CHI NON VUOLE CAMBIARE, ACCETTAZIONE DI CHI VUOLE CRESCERE.
SE QUALCOSA VIENE A MANCARE CREA LO SPAZIO NECESSARIO PER QUALCOSA CHE DEVE ARRIVARE: E’ SEMPLICE EQUILIBRIO.” (Il monaco che amava i gatti)